Un infortunio su quattro per inciampi e scivolamenti sui luoghi di lavoro

Quasi un quarto degli infortuni sul lavoro che avvengono nei Paesi dell’Unione europea sono dovuti a scivolamenti, inciampi e cadute.  Dalle statistiche e dalle analisi provenienti da diverse fonti emerge che nei Paesi europei il maggior numero di infortuni in tutti i settori, dall’industria pesante al lavoro d’ufficio, è dovuto proprio a scivolamenti, inciampi e cadute, che sono all’origine di circa il 24% del totale degli incidenti. La caduta in piano, in particolare, è la causa più frequente di infortunio sul lavoro nella fascia di età tra i 45 e i 54 anni, con una percentuale pari al 27%, che sale al 33% tra i 55 e 64 anni fino a toccare il 45% tra gli over 65. Questa tipologia di infortunio, secondo il recente rapporto “New risks and trends in the safety and health of women at work”, costituisce anche la causa più frequente di incidente per le donne che lavorano. In più di un terzo dei casi (35%), l’inabilità lavorativa legata a questi infortuni è circoscritta entro un mese, ma scivolamenti e inciampi possono anche comportare conseguenze gravi, come fratture o commozioni cerebrali.

La responsabilità della sicurezza sul lavoro, com’è previsto dalla legge, ricade sul datore di lavoro, infatti egli deve garantire che il luogo di lavoro sia sicuro anche se spesso all’origine del problema risiede la disattenzione di chi cammina, la tipologia di pavimentazione, la scarsa pulizia della superficie di calpestio o il tipo di calzatura indossata.

La scivolosità delle pavimentazioni

La scivolosità è una caratteristica della pavimentazione da non sottovalutare, difatti è fondamentale scegliere con attenzione la pavimentazione secondo la destinazione d’uso finale, effettuare una corretta pulizia e manutenzione della superficie di calpestio e progettare il percorso in funzione di una accessibilità sicura.

Come misurare la scivolosità di un pavimento

Le superfici possono presentare valori d’attrito differenti a seconda dei materiali con cui sono costruite e delle condizioni di manutenzione e igiene, ma come garantire e misurarne la caratteristica antiscivolo? Esistono metodi di prova differenti tra loro e non correlabili in quanto basati su metodologie e presupposti di misurazione diversi e che non sempre vanno a considerare lo stesso tipo di attrito (statico o dinamico).
Tra i più conosciuti vi è il metodo DIN, o cosiddetto della rampa inclinata; un metodo di misurazione dell’attrito statico di origine industriale che classifica i pavimenti da R9 a R13 oppure come A,B,C in funzione dell’angolo di scivolamento con piede calzato o nudo.
Oltre che essere lo standard tedesco, è considerato una norma tecnica di valore in molti altri paesi del mondo, soprattutto per la progettazione dei materiali.
E’molto importante tuttavia precisare che in Italia nessuna norma DIN è stata recepita su questo argomento e che l’unica fonte normativa in materia (il DM 236/89, ripreso poi anche dal testo unico sulla sicurezza nel lavoro DL 81/2008) richiede che la pavimentazione sia conforme allo standard antiscivolo B.C.R.A. (British Ceramic Research Association).
In sostanza la normativa antiscivolo italiana sceglie un approccio prestazionale e richiede di misurare con apposita strumentazione il grado di scivolosità di una superficie calpestabile nelle sue reali condizioni di utilizzo. In tal senso richiede di verificare (o intervenire per fare in modo che) i valori di attrito di un pavimento pedonale siano superiori a μ 0,40, soglia minima per considerare una pavimentazione sicura e quindi oggettivamente antiscivolo

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